Illustration for the story “Cassazione”, from the book “La Vita Come Viene ” written by Mauro della Porta Raffo
Illustrazione per il racconto “Cassazione”, tratto dal libro “La Vita Come Viene” di Mauro della Porta Raffo
CASSAZIONE
(IN TREPIDA ATTESA DELLE DECISIONI DELL’ALTA CORTE ET ULTRA)
PREMESSE
Capita, in particolare allorché, attraverso i quotidiani o i settimanali ai quali collaboro, prendo pubblica posizione su di uno specifico argomento, che qualcuno pensi bene di rispondermi non esponendo differenti idee ma semplicemente insultandomi.
Così, alla grande, quando ho espresso ed esprimo opinioni politiche assai critiche nei confronti della sinistra e, alla grandissima, in specie dopo che sul Corriere della Sera ebbi a scrivere che la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio 2006 era dovuta solo alla fortuna (sette en plein consecutivi!).
Alle numerose mail piene di contumelie che mi arrivano invariabilmente rispondo come segue:
“Caro signore, la prego di fare ai suoi genitori i miei complimenti per le squisite maniere che le hanno trasmesso e l’educazione che le hanno impartito”.
Ai pochi che mi scrivono invece a casa firmandosi e indicando il loro indirizzo, così replico:
“Signore, debbo informarla che un ignoto imbecille, usando il suo nome, mi ha inviato una lettera piena di insulti.
Mi permetto di segnalarle l’increscioso fatto anche e soprattutto perché questo messere si esprime in un italiano a dir poco incerto che denota una assoluta mancanza di cultura.
Le frasi e la lingua usate dicono chiaramente che si tratta di un vero idiota quale ella di certo non è.
La prego, provveda a denunciare l’incresciosa faccenda all’autorità giudiziaria e, a tal fine, onde possa documentare l’accaduto, le allego copia della missiva della quale lei non può essere in possesso.
Mi dispiace che a farci incontrare, sia pure solo via lettera, sia stato un simile cretino! Suo…”
*****
Da sempre, allievo in questo di Giovanni Malagodi (con il quale ebbi una qualche consuetudine infiniti anni orsono) che, al massimo, arrivò a dire ad un tale che ben altro si sarebbe meritato “Lei è un suino verticale”, rifuggo dall’insulto becero, ineducato e volgare.
Se capita, quindi, che qualcuno, parlando, solleciti i miei per il solito quieti spiriti al punto di condurli all’ebollizione, cerco di aggredirlo – per carità, solo verbalmente! – appioppandogli epiteti fantasiosi usando i quali accade anche che mi prenda gioco dell’incultura del malcapitato (e non importa che il desso, proprio in quanto ignorante, non ne colga il significato).
Così, indubbiamente, allorquando la mia replica consista nel dire con molta calma: “Lo sa? Lei mi ricorda il principe Mishkin!” laddove il riferimento è appunto a Mishkin, il protagonista de ‘L’idiota’ di Fjodor Dostojevskij.
Divertente, anche se decisamente meno ‘colto’, altresì il dare dello “sciatore”: visto, difatti, che uno sciatore è indubbiamente munito di sci di altro non si tratta che di uno “scimunito”.
Nostalgico, infine, l’incipit della replica che, sia pur raramente e qui per iscritto, mi occorre indirizzare a quanti lo meritino: “Signore, in antichi e più civili tempi, avrei inviato i miei famigli a darle un paio di bastonate altro lei non meritando.
Oggi devo piegarmi a farle sapere quel che penso del suo atteggiarsi nei miei confronti anche se il solo vergare queste righe, proprio in quanto a lei indirizzate, mi ripugna…”
Avendo effettivamente spedito ad un tale una missiva contenente le or ora citate parole, sono stato querelato per minacce.
Ecco la mia successiva lettera a quel desso:
“Signore, glielo posso assicurare, non v’era necessità alcuna che mi querelasse: non avevo bisogno di conferme.
Già sapevo che ha difficoltà a comprendere appieno quanto le viene detto o scritto.
Anche un bambino avrebbe capito che le mie non erano e non sono minacce visto che delle bastonate parlo con nostalgia e le colloco in tempi lontani.
Non altrettanto lei.
E pensi che in futuro non potrà che peggiorare!!
LO STATO DEI FATTI (a Luglio 2008)
I fatti narrati più sopra sono datati 2006 e 2007.
Assolto – lo seppi per caso o meglio scorrendo uno degli atti relativi alla questione che oramai da anni gli ufficiali giudiziari mi notificano, ben essendomi guardato dal nominare un difensore di fiducia – in istruttoria dall’accusa di minacce (ai carabinieri che mi avevano convocato avevo presentato una memoria nella quale, dopo essermi definito “uno dei massimi italianisti viventi”, rammentavo che non è possibile minacciare per il passato ma, ovviamente, solo in relazione al futuro), sono stato successivamente chiamato in causa, stavolta per ingiurie, dal destinatario delle due brillanti mie lettere.
Nuovamente e incredibilmente assolto – e in questo frangente addirittura di fronte a un giudice in un vero e proprio processo dal quale e nel quale ho deciso di non difendermi (il povero avvocato d’ufficio ha cercato in tutti i modi di contattarmi ma ho evitato che ciò accadesse) – mi sono messo l’animo in pace.
Ritenevo che la questione fosse sistemata.
Così, incredibilmente, non è: la Corte di Cassazione – nientemeno che la Corte di Cassazione e non so se a sezioni riunite – si è di recente interessata a me su ricorso, ho saputo, del Pubblico Ministero operante in aula all’epoca della mia seconda assoluzione.
Non ritiene, il desso, giusto l’operato del giudice e chiede che io sia nuovamente sottoposto alla gogna.
Eccomi, pertanto – capirete la mia ambascia, il mio tormento, la mia preoccupazione, la mia trepidanza – in pieno luglio 2008 ad attendere il deliberato dell’Alta Corte.
Quale mai potrà essere il mio avvenire?
Sarò soggetto una terza volta al giudizio?
In fondo, però, provo una qualche soddisfazione: mai, infatti, avrei pensato che alle mie parole, ai miei sberleffi si dovessero applicare in piena estate e quasi certamente con la fronte imperlata di sudore i venerandi membri della Cassazione.
Corbezzoli!
LA SITUAZIONE A FINE 2010
Ed eccoci a fine 2010.
E’, forse, la ‘vexata quaestio’ giunta a soluzione?
Sono stato, alla fine, assolto o condannato?
Ebbene, per quanto, pervicacemente, io continui a non difendermi in giudizio, tornata a seguito della augusta pronuncia della Corte di Cassazione la faccenda all’attenzione del Giudice di Pace romano competente, rinviate più volte, misteriosamente le udienze delle quali vengo tenuto al corrente via atti giudiziari, nulla di definitivo.
La prossima volta nella quale il magistrato tornerà ad occuparsi di me per la bisogna sarà il 27 gennaio 2011: cinque anni o quasi dopo i precitati fatti.
Che dire, in specie ove si pensi che, dovessi io ricorrere (o, in alternativa, di bel nuovo, il querelante) una sentenza che ponga fine alla quisquilia non si avrà se non fra due o tre anni?
18 GIUGNO 2011
Ed eccomi al dunque.
Una raccomandata spedita in data 10 giugno 2011 ed oggi pervenuta al mio indirizzo, mi informa che il giudice di pace XY, operante in Roma, mi ha condannato, ai sensi dell’articolo 594 del codice penale, a pagare al desso euro trecento di multa oltre alle spese processuali e legali.
La missiva è firmata dall’avvocato ZK – spuntato dal nulla visto che non l’ho mai contattato ignorandone l’esistenza – che mi chiede se intendo per caso ricorrere in appello.
Ci ragionerò…
Certo è che l’istinto, al quale assai difficilmente mi sottraggo, mi porterebbe ad inviare al tale col quale oramai da anni ed anni ho al riguardo a che fare, una nuova lettera:
“Signore,
vedo che l’averle dato dell’incapace di intendere (non di volere) mi costa trecento euro.
Se gliene invio quattrocento, posso anche darle dell’imbecille?”